"La cinematografie dell’est Europa hanno affrontato con la caduta dei regimi totalitari un lungo e travagliato processo di affrancamento culturale. Principalmente nella maniere di intendere l’arte che loro stessi hanno stabilito sulla base di princìpi antitetici al mondo occidentale. La Romania forse più di altri paesi ha dovuto sopportare le pressioni di forze che dall’alto regolavano i codici e i metodi di lavorazione cinematografica in un contesto kafkiano, eppure non sono mancati esempi tecnici di assoluto rilievo (Liviu Ciulei, premio per la miglior regia al festival di Cannes del 1965) o di uno slancio artistico verso la libertà di rappresentazione del reale e della vita (Lucian Pintilie). Il tutto sulla falsariga degli echi lontani del neorealismo in particolare e di altri movimenti in generale.
La storia di un calvario umano e creativo fatto di silenzi e di grida strozzate, di buio e di tempeste nascoste, seppellite all’ombra di un albero di fantocci impiccati.
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