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Domenico Alfeno Vario. Un giurista critico al tramonto dell'Antico Regime

 

Domenico Alfeno Vario. Un giurista critico al tramonto dell'Antico Regime
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AA.VV
Editore: Laveglia&Carlone Editore
Collana: Collana di Studi Storici Salernitani
Pagine: 314
Legatura: Brossura
ISBN: 88-88773-11-8
Prezzo: € 20,00

Domenico Alfeno Vario (1730-1793), avviato agli studi giuridici a Napoli sotto la guida di Niccolò Arduino, aveva completato la sua formazione intellettuale alla Scuola di Antonio Genovesi, frequentando gli ambienti riformatori ed illuminati della Capitale. Abate e rinomato giureconsulto, fu persona di vasta erudizione, di solida dottrina e di sapere enciclopedico; esercitò l’avvocatura nel Foro napoletano e fu autore di studi impegnativi che s’inseriscono nel contesto delle consolidazioni giuridiche e del Giurisdizionalismo borbonici: le Istituzioni del Diritto regnicolo, le Prammatiche napoletane, il commentario alla Constitutio fridericiana, le Consuetudini del Regno attestano la solida dottrina che egli possedeva. Partito da Sala sul finire del 1779, Vario giungeva nel gennaio del 1780 a Pavia, chiamato dai conti Firmian e Wilzeck ad insegnare alla cattedra di Diritto Civile, dove, per un breve periodo, fu pure Rettore di quella Università. Un ricco carteggio conservato presso la Biblioteca comunale di Sala Consilina documenta l’impegno con il quale Vario, sin dai primi giorni in cui era giunto in Lombardia, si applicò nel lavoro e nell’insegnamento del Diritto feudale affidatogli congiuntamente con quello delle Pandette. Notevole e vivace fu la curiosità scientifica del Vario al pari della sua forte personalità e del suo temperamento vulcanico che ben presto, però, non furono tollerati nella Facoltà legale di Pavia. Motivi di salute e difese legali appassionate intraprese contro persone in vista di quella città, unitamente alla sua schietta posizione di intellettuale indipendente assunta nei confronti delle Autorità governative, gli resero dura la permanenza a Pavia. Allontanato perentoriamente dall’Università nell’aprile dell’89, Vario tornava alla nativa Sala, ove infine morì il 12 dicembre del ’93. Sopravvivono oggi al personaggio libri e documenti, memorie personali dell’attività accademica e di quella forense. Questo volume ne fornisce un esempio.
Domenico Alfeno Vario (1730-1793), avviato agli studi giuridici a Napoli sotto la guida di Niccolò Arduino, aveva completato la sua formazione intellettuale alla Scuola di Antonio Genovesi, frequentando gli ambienti riformatori ed illuminati della Capitale. Abate e rinomato giureconsulto, fu persona di vasta erudizione, di solida dottrina e di sapere enciclopedico; esercitò l’avvocatura nel Foro napoletano e fu autore di studi impegnativi che s’inseriscono nel contesto delle consolidazioni giuridiche e del Giurisdizionalismo borbonici: le Istituzioni del Diritto regnicolo, le Prammatiche napoletane, il commentario alla Constitutio fridericiana, le Consuetudini del Regno attestano la solida dottrina che egli possedeva. Partito da Sala sul finire del 1779, Vario giungeva nel gennaio del 1780 a Pavia, chiamato dai conti Firmian e Wilzeck ad insegnare alla cattedra di Diritto Civile, dove, per un breve periodo, fu pure Rettore di quella Università. Un ricco carteggio conservato presso la Biblioteca comunale di Sala Consilina documenta l’impegno con il quale Vario, sin dai primi giorni in cui era giunto in Lombardia, si applicò nel lavoro e nell’insegnamento del Diritto feudale affidatogli congiuntamente con quello delle Pandette. Notevole e vivace fu la curiosità scientifica del Vario al pari della sua forte personalità e del suo temperamento vulcanico che ben presto, però, non furono tollerati nella Facoltà legale di Pavia. Motivi di salute e difese legali appassionate intraprese contro persone in vista di quella città, unitamente alla sua schietta posizione di intellettuale indipendente assunta nei confronti delle Autorità governative, gli resero dura la permanenza a Pavia. Allontanato perentoriamente dall’Università nell’aprile dell’89, Vario tornava alla nativa Sala, ove infine morì il 12 dicembre del ’93. Sopravvivono oggi al personaggio libri e documenti, memorie personali dell’attività accademica e di quella forense. Questo volume ne fornisce un esempio.



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