Un racconto surreale, lo scenario allucinante di una società pacificata e omologata, un lungo pamphlet dai toni satirico-grotteschi in cui la profezia apocalittica si fa presente, drammatica e incalzante. Una reazione viscerale, uno sfogo estemporaneo alla insostenibilità della situazione attuale di un personaggio, già campione di viltà e opportunismo, costretto dallo stato delle cose a diventare paladino della sua dignità offesa e di quella di un intero popolo turlupinato, raggirato. In questi tempi bui di mediocrità, nel silenzio assenso complice e interessato dei più, a ribellarsi, almeno nella trasfigurazione letteraria e della finzione scenica, è la personificazione archetipica di Napoli, Pulcinella, che ritrova se stesso e una nuova funzione sociale, tra milioni di servi sciocchi, nel momento in cui si dichiara non più disposto a tacere, a subire. Un moto di orgogliosa rivendicazione, uno scatto che lo affranca dal ruolo di stereotipo degradato a marchio di qualità della pizza d.o.c. E da modello di trasgressione linguistica e comportamentale si trasforma in coscienza civile di un intero popolo.
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