Agostino e la via unitatis è una lettura benevola — senza rinunciare al chiaroscuro — che esce dal tradizionale approccio filosofico all’Ipponense, per esaminare un tema molto attuale ignorato dalle monografie neoscolastiche, Boyer e Gilson inclusi. Di passaggio l’A. apre a nuovi scenari anche su temi tradizionali, come quello della grazia o del peccato originale; ma il guadagno di fondo che il libro offre è mostrare che l’unità è presente nella riflessione agostiniana sia filosofica, sia teologica, sia ascetica. Partendo da questo dato, nelle ampie Conclusioni l’A. si propone di dibattere perché in questo campo i frutti storici delle intuizioni pregevolissime dell’Ipponense siano stati cosi modesti. Riconosciuti alcuni obici che hanno oggettivamente gravato gli epigoni, ostacolando la raccolta di una tale eredità, la tesi di fondo è che il pensiero sull’unum, per quanto geniale o anche mistico, esiga, per essere fecondo, da essere accolto da una cultura adeguata. In caso contrario l’otre vecchio toglie forza al vino nuovo, anche fino a spegnerne la vitalità. Se la tesi è corretta, si ha allora un guadagno immediato, perché si dischiude lo studio delle condizioni di possibilità di un’efficacia culturale — e dunque anche sociale e politica — della riflessione henologica.
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