Nell’Italia post-unitaria Napoli si rivela autentico crocevia e laboratorio di sperimentazione linguistica tra il vecchio e il nuovo, tra le avanguardie europee e l’illustre tradizione partenopea e, allo stesso tempo, tra cultura scritta delle élites e cultura orale dei ceti subalterni. Nel ricostruire le dinamiche di
un sistema letterario tanto complesso, il testo fornisce una mappa articolata della “civiltà napoletana dei traduttori”: dal traduttore-lessicografo (Emmanuele Rocco) al traduttore-editore (Ferdinando Bideri); dal traduttore-militante (sui versanti opposti, Federigo Verdinois e Vittorio Pica), al traduttore-poeta (Salvatore di Giacomo), fino al traduttore-erudito (Benedetto Croce). Un’indagine approfondita di come la mescolanza di codici letterari eterogenei abbiaalimentato uno scambio semiotico e generato l’esigenza di sperimentare.
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