Talvolta, diceva Totò, ho l’impressione che anche i gatti mi guardino in cagnesco. Quanti gatti ci sono in giro? Diciamo la verità: non avvertiamo, noi meridionali, uno strano sguardo addosso? La sgradevole sensazione di un giudizio che ci precede, di una commiserazione che ci accompagna? L’impressione è che sia tornata d’attualità una questione che sembrava morta e sepolta.
Di che pasta siamo fatti? È possibile, insomma, che i meridionali appartengano ad una razza a parte? Molti lo pensano e lo dicono. Altri lo pensano e non lo dicono. Chi scrive non lo pensa, ma qualcosa dice. Dice, ad esempio, che i meridionali hanno molto da farsi perdonare, e tra le tante cose anche questa storia della loro diversità, a volte subita, altre esibita, sempre tirata in ballo o per compiacersi i per giustificarsi. Da qui, ed è il tema centrale di questo libro, la necessità, non più rinviabile, di un’autocritica meridionale.
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