Pasquale Corsaro è un poeta dall'anima densa, ricca di una lunga vita vissuta: tra l'ideale e il reale, tra il quotidiano pragma e l'immanenza dello spirito. Per questo mi accade di ritrovare nella sua poesia il lirismo di Leopardi... e l'asciuttezza nitida di Tacito, la passionalità tridimen¬sionale di Pablo Neruda... e la ermetica e scavata parola di Ungaretti. Egli scrive attingendo - senza farlo - a tutto il peculio di cui un uomo che ha vissuto pienamente dispone. Un uomo affamato sempre di conoscere e capire, mai sazio, mai fermo, mai arrivato. Un uomo pure consapevole della intrinseca peculiarità dei suoi versi, del fatto che essi possano rappresentare quasi un controcanto nel panorama poetico contemporaneo. Ove poeta è colui che ha il dono della veggenza e della visione al tempo stesso, e tutto rende con naturale grazia, composto ordine, all'occhio e all'orecchio di chi ascolta. Che privilegio allora leggere il diario di una vita; il suo "libro di bordo" anzi, dacchè ovunque nelle sue parole ritorna il mare, luce del suo occhio e ampiezza del suo respiro [...]. Che è più, ben più, del possesso, del sentimento terreno, chè infatti non finisce con la separazione di due corpi, con la scomparsa da questa vita terrena di colei che “è” l'amore. Non finisce perché è un amore d'anime e pensiero, pensiero che si fa parola e dà voce all'anima rimasta a testimoniare, e che racconta di quel che raramente qualcuno di noi ha toccato con mano: l'amore quotidiano, il costrutto perfetto e mai perfetto, infinito e compiuto all'infinito. [...]
Lascia un commento