La disciplina Teoria della Nave, insegnata negli Istituti Nautici, è stata sempre oggetto di odio e di amore da parte degli allievi per la sua complessità matematica, il più delle volte acquisita in modo mnemonico e vissuta come un tormento. Solo dopo un certo numero di anni di navigazione, gli ex allievi, diventati ufficiali con respon¬sabilità connesse al carico, cominciavano a prendere coscienza della necessità delle conoscenze scolastiche che, nel frattempo, erano quasi del tutto dimenticate. Solo in pochi, con molta pa¬zienza e buona volontà, ricominciavano un lento lavoro intellettuale di collegamento tra l’espe¬rienza accumulata e le nozioni scolastiche rinverdite attraverso la riapertura del testo usato negli anni della scuola. [...] Se quanto innanzi riflette forse il processo dell’acquisizione del sapere e saper fare, prima sco¬lastico e poi professionale, molto comune a tante professioni, la disciplina Teoria della Nave, come tutte le discipline, ha delle sue peculiarità che, forse, nel suo insegnamento, non sono state tenute sempre presenti. La nave, è noto sin dalla notte dei tempi, è un solido la cui forma non è geometricamente de¬finita, ragion per cui è stata sempre oggetto di ipotesi semplificative e di approssimazioni, nella ricerca di relazioni e procedimenti volti alla determinazione dei parametri importanti per la sua gestione. [...]
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